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Vasto (Ch) - Chi, il primo febbraio scorso, giorno del delitto, avvertì Fabio Di Lello, che era nella vicina Cupello ad allenarsi su un campo di calcio, della presenza di Italo D'Elisa davanti al Drink Bar in via Perth a Vasto? E' quello che sta cercando di scoprire la magistratura. Perché,  se così fosse, se ci fosse stata una chiamata o un sms o un messaggio via social o whatsapp, esisterebbe un complice dell'omicidio. Per questo, lunedì prossimo, 6 febbraio, a mezzogiorno, in Procura a Vasto, si terrà l'incidente probatorio, richiesto dal sostituto procuratore della Repubblica Gabriella De Lucia, per verificare le telefonate fatte e ricevute dal cellulare dell'omicida e per documentare il traffico e i contenuti del computer di Di Lello. "In pratica - dice Pompeo Del Re, avvocato della famiglia del giovane assassinato - vogliamo sapere se c'è stato qualcuno che ha segnalato gli spostamenti del povero Italo. Nomineremo un tecnico per assisterci in questa fase investigativa". Si cercherà di capire anche con chi stesse parlando D'Elisa poco prima che morisse: si è accasciato sul marciapiede col telefonino accanto. 

L'inchiesta, quindi, apparentemente conclusa, potrebbe avere una svolta, il colpo di scena. Stamattina, in carcere a Vasto, si è tenuto l'interrogatorio di Di Lello, accusato di omicidio volontario premeditato, per aver trucidato, con tre colpi di pistola, Italo D'Elisa, 21 anni, reo di aver provocato l'incidente stradale in cui, il primo luglio 2016, è rimasta uccisa la moglie, Roberta Smargiassi. Nella casa circondariale sono giunti i due pm e il gip, ma Di Lello si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Non era in condizioni psicologiche", evidenzia il suo legale, Giovanni Cerella. "In questo momento non ha la lucidità necessaria". Nei prossimi giorni, appena sarà in condizioni, i suoi legali presenteranno un'istanza per farlo ascoltare. 

E mentre gli inquirenti erano in carcere per sentire Di Lello, da un'altra parte della città, nella chiesa di Santa Maria del Sabato Santo, sono stati celebrati i funerali della vittima, di D'Elisa. La banda di Chieti, che ha intonato una marcia sinfonica, ha salutato l'arrivo della salma nel santuario affollato. Una bara bianca per il ragazzo.  
 Il parroco, don Antonio Totaro, ha ammonito tutti: "Si fermi questa ondata di odio. Basta con questa violenza. Due vite completamente spezzate. Ha perso la città. Noi abbiamo perso". 
Il sacerdote ha portato le condoglianze delle famiglie. "E' qui presente il fratello di Roberta", ha detto. E ancora: "Queste morti riportino nella nostra comunità un po' di serenità. Basta con i social media. Dobbiamo tornare a parlare tra di noi. Senza conoscere abbiamo condannato", ha aggiunto. Tra le corone di fiori anche quella della famiglia Di Lello. Gli amici di D'Elisa hanno slargato uno striscione con su scritto: "Il tuo sorriso resterà sempre nei nostri cuori". Alle esequie anche l'amministrazione comunale di Vasto. 

"La tragedia di Vasto ci interpella. A livelli diversi. Perché veder soffrire è una delle esperienze in cui, spesso, ci s'imbatte in un sentimento d'impotenza. Non basta prodigarsi con le parole. Specie quando, chi ci sta accanto, ha il cuore spezzato e non trova più pace. Ma come uscire dalla notte oscura? Cosa fare affinché l'altro non resti chiuso nel proprio dramma? Sono veramente domande più grandi di noi, perché siamo tutti ben consapevoli che non esiste un metodo uguale per ciascuno": così l'arcivescovo Metropolita del Molise, GianCarlo Maria Bregantini e vescovo della Ceam (Conferenza Episcopale Abruzzese e Molisana) a proposito di questa immane tragedia. "I problemi aumentano poi se restiamo dentro i tristi meccanismi, come il rancore, la vendetta, la disperazione, la giustizia fai-da-te - aggiunge -. Facili, immediati, ma che vanno combattuti. Se questo però non avviene, ecco che succede quanto abbiamo visto verificarsi a Vasto, proprio di recente. Ha coinvolto famiglie originarie del Molise, per cui la tragedia ci ha toccato ancor più nell'intimo. Un terribile omicidio, - dice - avvenuto da parte di un marito nei confronti di quel ragazzo che gli uccise la moglie, la scorsa estate, buttandola dal motorino, ad un incrocio non rispettato. Da allora la vita di quel giovane sposo, innamoratissimo, privato della luce dei suoi occhi dalla frettolosità di un coetaneo non fu che un passare da abisso ad abisso. Prima il dramma della perdita della sposa; poi la solitudine improvvisa e, infine, la rabbia che porta all'uccisione. Un odio non capito, coltivato anzi dalle battute di rabbia sui social. L'afflizione, che si annida dentro di noi, di fronte alla morte, a volte, si alterna a sentimenti di odio, di sconforto ingestibile. E può diventare una prigione da cui poi, più si va avanti, più appare difficile uscirne, soprattutto se nessuno dà aiuto: amici, famiglia, istituzioni...". 04 febbraio 2017

Ha collaborato Stefano Suriani
Le foto del funerale di D'Elisa. Cliccare su immagini per ingrandire
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