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Trent'anni di carcere. E' la condanna inflitta a Davide Troilo, 34 anni, ascensorista di Pescara, accusato dell'omicidio della sua ex fidanzata, Jennifer Sterlecchini, 26 anni, uccisa con 17 coltellate il 2 dicembre 2016. L'uomo è stato condannato, per omicidio volontario, dal gup di Pescara, Nicola Colantonio, che ha accolto la richiesta formulata dal pmubblico ministero Anna Rita Mantini, nell'ambito del processo con rito abbreviato. Il giudice ha accolto l'aggravante dei futili motivi, contestata all'imputato dal pm, mentre ha escluso la premeditazione. Troilo, inoltre, è stato condannato al pagamento di una provvisionale di 200 mila euro a favore del fratello della ragazza ammazzata, Jonathan Sterlecchini, che si è costituito parte civile. Occhi lucidi da parte della madre,  Fabiola Bacci, e del fratello della vittima nel corso dell'udienza. Impassibile, a testa bassa, l'imputato. Il pm si è soffermato sulla "odiosità della condotta dell'imputato, che ha agito con assoluta lucidità" e sulla "banalità e sproporzione di qualsiasi eventuale stimolo esterno rispetto al gesto di togliere la vita ad una ragazza di 26 anni". 

"Troilo - ha invece evidenziato il legale di parte civile, Roberto Serino - ha mentito fin dall'inizio e invece di soccorrere Jennifer ha inscenato una presunta aggressione, cercando di mitigare la propria posizione processuale". L'avvocato ha quindi posto l'accento sulla "la lucidità e la volontà omicida dell'imputato, testimoniate dal fatto che le coltellate sono state inferte mentre Jennifer stava scappando". In conclusione ha chiesto "una sentenza che non sia né di vendetta né esemplare, ma giusta ed equa, perché l'imputato la sua vera pena la sconterà dentro di lui".

Secondo il consulente nominato dal giudice, Di Giannantonio, al momento dell'assassinio Troilo era capace di intendere e di volere. Fuori dall'aula anche  la nonna della vittima, Filomena Paolini, insieme a numerosi amici della famiglia ed esponenti delle associazioni contro la violenza sulle donne. Molti hanno indossato magliette bianche con una foto della ragazza. "E' un modo per mantenere il ricordo sempre vivo, non solo nel cuore...".  Anche il Comune di Pescara, la Regione Abruzzo e l'associazione Ananke sono parte civile. 

"Neanche una sentenza esemplare può riportarla indietro, ma i familiari si aspettano che questa sentenza faccia da monito affinché fatti del genere non si ripetano più": il commento di Mariangela Silveri, amica della famiglia di Jennifer. "Abbiamo scelto di essere qui oggi - ha spiegato Angelo Bertoglio, coordinatore dell'Osservatorio nazionale sostegno vittime - per stare vicino ai familiari di Jennifer. Speriamo che questa sentenza sia esemplare,  per far pagare chi ha sbagliato, chi ha ammazzato. Questo paese deve essere dalla parte delle vittime e non solamente dalla parte dei carnefici".

"Ha vinto la giustizia, anche se mia sorella non ce la ridà indietro nessuno -Così Jonathan Sterlecchini subito dopo la lettura della sentenza di primo grado -. Mi sarebbe piaciuto se ci fosse stata la condanna all'ergastolo, ma va bene anche così. Noi abbiamo creduto fino all'ultimo nella giustizia e alla fine la giustizia in qualche modo ci ha premiati". Deluso, invece, il difensore di Troilo, Giancarlo De Marco: "Mi sembra - ha commentato - che ci sia stato un trattamento particolarmente severo e spero che la sentenza non sia stata influenzata dal clima che si è creato qui a Pescara, dove addirittura abbiamo avuto la costituzione di parte civile del Comune e della Regione. Il delitto c'è stato ed è stato terribile, però la legge dovrebbe essere uguale per tutti in tutta Italia. Una condanna a 30 anni - ha rimarcato l'avvocato - è di gran lunga superiore alle condanne che hanno preso persone che hanno commesso reati analoghi, come Parolisi o Stasi, con quest'ultimo che ha preso 16 anni senza neanche il rito abbreviato. In appello potrà esserci un esito diverso".


24 gennaio 2018

NOTIZIA IN AGGIORNAMENTO

Nella foto in alto Jennifer Sterlecchini. In basso i due giovani prima della separazione
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