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Lanciano (Ch) - Trent'anni di carcere: questa la condanna inflitta oggi dalla Corte d'Assise di Lanciano per il delitto di Vasto. Trent'anni per Fabio Di lello, 33 anni, panettiere ed ex calciatore che, il primo febbraio scorso, davanti ad un bar di Vasto, ha ucciso, sparandogli, Italo D'Elisa, 21 anni di Vasto. Quest'ultimo, con la sua bici, era appena arrivato al bar e, sul marciapiede, stava parlando al telefonino, quando l'omicida lo ha raggiunto con l'auto, si è avvicinato, è tornato in macchina a prendere la semiautomatica calibro 9 detenuta illegalmente e ha esploso, contro di lui, uno dietro l'altro, tre colpi di pistola. Sequenza ricostruita in aula, in tribunale, con oltre 50 slide e col filmato di una telecamera di sicurezza. Lo ha ammazzato perché D'Elisa, a luglio dello scorso anno, non fermandosi al semaforo rosso, aveva provocato l'incidente stradale in cui era morta Roberta Smargiassi, moglie di Di Lello. 

Quest'ultimo, dopo l'assassinio, sconvolto, è andato al cimitero, sulla tomba della moglie, dove ha lasciato la pistola. Lì lo hanno trovato i carabinieri e, da quel momento, è rinchiuso in carcere. Omicidio premeditato volontario: questa l'accusa. Il processo, con rito abbreviato, si è svolto e deciso in quattro udienze. I pubblici ministeri, Giampiero Di Florio e Gabriella De Lucia,  avevano chiesto, per Di Lello, il massimo della pena, l'ergastolo, considerate le aggravanti e cioè la premeditazione, la minorata difesa e il proto abusivo d'arma da fuoco. "Sono pentito e dispiaciuto per quanto ho fatto, per il grande dolore che avevo in quel periodo", così la dichiarazione spontanea resa da Di Lello ai giudici nella scorsa udienza. "Di Lello ha parlato per far capire alla Corte cosa provava in quel momento" sottolineano i difensori Giovanni Cerella e Pierpaolo Andreoni, "da parte sua non c'è stata nessuna premeditazione, aveva incontrato Italo D'Elisa in modo casuale". 

La sentenza oggi alle 14, dopo tre ore e mezza di camera di consiglio. La Corte - presieduta da Marina Valente, giudice togato a latere Andrea Belli - ha valutato le ultime memorie depositate dalle parti, in particolare la richiesta di perizia psichiatrica sull'imputato depositata nuovamente dalla difesa - e rigettata - che ha anche presentato ulteriore certificazione sanitaria che attesta l'instabilità psichica di Di Lello. La Corte ha inflitto 30 anni all'imputato riconoscendo l'aggravante della premeditazione  e per effetto dello sconto di pena previsto dal giudizio abbreviato. La Corte ha anche stabilito una provvisionale di 40 mila euro a favore dei genitori e del fratello della vittima; l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per Di Lello che dovrà essere sottoposto a tre anni di libertà vigilata al momento della fine della pena detentiva; il risarcimento delle parti civili costituite. In aula c'erano i familiari della vittima, che hanno pianto e si sono abbracciati alla lettura del verdetto, e il fratello di Di Lello.

Gli avvocati Pompeo Del Re e Gianrico Ranaldi, che assistono le parti civili, dicono al termine del processo: "Continuiamo ad avere fiducia nelle istituzioni perché in uno Stato di diritto è importante che la giustizia la faccia un tribunale e non che si possa fare da sé. Questo ha sempre pensato la famiglia D'Elisa e questo emerge anche dal dispositivo letto. Riteniamo che questa sentenza riconosca gli elementi di imputazione che hanno fatto giustizia. La difesa ha diritto di fare appello".

"Il processo lo iniziamo ora. Leggeremo le motivazioni della sentenza che sarà depositata fra 90 giorni e faremo appello con la stessa strategia. Non commentiamo mai le sentenze, ma le impugniamo": così gli avvocati difensori dell'imputato, Pierpaolo Andreoni e Giovanni Cerella. "Alla lettura del dispositivo Fabio ci ha abbracciati e si è sfogato con un pianto liberatorio. Forse ha capito la portata del suo gesto e in pochi secondi ha rivissuto sette mesi di dolore, iniziati con la morte della moglie Roberta Smargiassi. E' un ragazzo di 34 anni incensurato che per la prima volta ha visto un'aula di tribunale e nel modo più pesante".

Nella foto alto, di Andrea Franco Colacioppo, Fabio Di Lello all''uscita dal tribunale. In basso il tribunale di Lanciano dove si è svolto il processo. Cliccare su immagini per ingrandire
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