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Lanciano (Ch) - "Era un buon padre di famiglia e come tale imponeva regole". Così Mario D. N., 23 anni, di Lanciano, uno dei numerosi testimoni nel processo a carico di Andrè Luiz Facchini, classe '74, nato ad Umuarama in Brasile, sacerdote (ancora oggi) della diocesi Lanciano-Ortona e che attualmente opera nel suo Paese d'origine. Il prete è sul banco degli accusati per aver soggiogato e plagiato, con "abusi di poteri e violazioni di doveri", adolescenti componenti dell'associazione "Legio Sacrorum Cordium", della quale, nel 2009, è stato fondatore, presidente e legale rappresentante e che aveva sede nella ex parrocchia di Sant'Agostino. Il don, che ad un certo momento è stato cacciato, ha "manipolato e destabilizzato la psiche dei ragazzi fino al punto da annullare la loro autonomia di percezione e decisionale": questo uno dei capi d'imputazione.

Nella sua deposizione, il giovane, al contrario di quanto detto da quelli che l'hanno preceduto, descrive Facchini come esemplare "guida spirituale" che non dominava i suoi adepti. Anche se... "E' capitato che mi abbia riferito di peccati commessi da altri e di atti sessuali (masturbazioni) che c'erano stati". "Che cosa erano le preghiere di guarigione?", incalza il pm. “Si pregava insieme per beneficio comune. Per allontanare il... demonio”. "C'erano reazioni particolari?" “Mi hanno riferito che talvolta qualcuno sveniva, credo per il grande coinvolgimento. Qualcuno magari iniziava a piangere, ma capita spesso quando la preghiera è intensa...”. “Facchini faceva o diceva qualcosa in queste circostanze?” “Andava ad imporre le mani sulla testa... E spiegava che tra di noi era presente lo spirito santo che lo stava liberando dal male”. "Le penitenze? Erano particolari?" “Non erano proprio tradizionali, erano anomale... E non proprio comuni. Bisognava strisciare in ginocchio, baciare il pavimento, fare il segno della croce per terra con la lingua, stare con le mani sotto le ginocchia con i palmi rivolti verso l'alto. Ma era tutto volontario. Ci si poteva rifiutare. Una volta mi ha proibito di andare col motorino per una settimana, ma non per questo ho provato astio”. “Cos'è la flagellazione?” "Non accetto il termine flagellazione - afferma il teste - , veniva compiuto in assoluta libertà. In assoluta cordialità e senza obbligo. Era una forma evocativa di penitenza, tipica della tradizione cattolica, con colpi dati col rosario. Ci faceva alzare la maglia sulla schiena...". E giù frustate. "Quante?" "Si poteva scegliere... Io mi sono prestato, in serenità”. Nella Legio c'erano anche i suoi genitori, e il padre era revisore dei conti. Nella Legio - salta fuori durante l'udienza - c'erano intere famiglie. "Era un bell'ambiente - dichiara ancora il giovane - e ci stavo volentieri". 

Davanti al giudice Andrea Belli anche Giuseppe G., del '91, di Lanciano, che ha frequentato l'associazione dall'età di 16 anni e fino al momento in cui si è iscritto all'università. L'addio alla Legio, per lui, non è stato indolore. Una feroce discussione col prete, reo di aver scatenato conflitti familiari, che l'ha offeso, che ha offeso suo padre definendolo "pazzo"...  Poi l'obbligo di andarsene. "Io ho dovuto far ricorso anche a cure psichiatriche. Ho sofferto molto". Le imposizioni e le punizioni si susseguivano. "Mi ha vietato di usare il ciclomotore per una settimana, perché mi ero allontanato con un amico dalla città senza avergli chiesto il permesso... Quella volta sono andato a lamentarmi con il vescovo, la massima autorità religiosa, ma non è intervenuto, non ha fatto nulla. Facchini mi ha limitato l'uso del cellulare, perché secondo lui lo utilizzavo a sproposito, ad esempio quando ero a tavola". Ad ogni comportamento che secondo il sacerdote era "scorretto", corrispondeva una punizione. "Anche umiliazioni davanti a tutti. Ad esempio una volta mi ha dato dell'ubriacone, mi sono sentito offeso... Dovevamo seguire uno stile di vita consono alla Madonna e a Gesù. Io non ho potuto più vedere i miei compagni di scuola, ho dovuto eliminare le "amicizie del mondo". Era proibito confessarsi con altri sacerdoti". "Lui diceva di sentire gli angeli e la Madonna e i santi...". "Se ci credevo? Ero fragile, completamente, mi affidavo a lui quindi".  
"L'episodio della flagellazione?" "Eravamo fuori Lanciano. Eravamo in una stanza e ci ha parlato di questa penitenza, gradita alla Madonna e che serviva a salvare le anime, dei vivi o dei morti. Erano 3 colpi sulla schiena nuda, con un rosario a grani grossi, per ogni anima da salvare. Ci mettevamo in ginocchio, lui prendeva la rincorsa e frustava. Ho sentito dolore. Una volta iniziato, non si poteva interrompere. L'ho fatto per salvare l'anima di un mio defunto". Prossime udienze il 9 marzo e il 13 giugno 2017. 
18 novembre 2016


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