Anche la cassa da morto dev'essere... tracciabile. Sei mesi di reclusione sono stati dati, questa sera, per una bara priva del marchio di fabbrica. La condanna è stata inflitta al noto titolare di un'impresa di pompe funebri, Tommaso Masciangelo, di Ortona (Chieti), dal giudice monocratico del Tribunale di Chieti Andrea Di Berardino. Masciangelo era accusato di aver violato il regolamento di Polizia mortuaria. 

Secondo l'accusa, nel verbale di chiusura di un feretro per il trasporto di una salma, l'imprenditore avrebbe attestato falsamente di aver osservato le disposizioni dell'articolo 30 del regolamento mentre, nella realtà, il cofano che chiudeva la bara era privo del marchio di fabbrica con l'indicazione della ditta costruttrice. I fatti risalgono a maggio del 2015 e in particolare al trasporto di una salma da San Giovanni Teatino a Pescara. Fu un addetto dell'Asl, sentito al processo come testimone, a notare l'assenza del marchio di fabbrica durante un controllo nell'obitorio del cimitero nel quale si trovava il feretro. Il difensore di Masciangelo, l'avvocato Matteo Di Martino, ha prodotto in udienza un documento nel quale la ditta che ha costruito la bara, ha attestato che l'assenza del marchio di fabbrica era dovuta per una mera dimenticanza. Il pubblico ministero aveva chiesto per l'impresario la condanna a tre mesi di carcere. 
16 aprile 2018

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