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Un'altra giornata orribile sulla Majella, sul massiccio del Morrone, con gli incendi che non danno tregua dal 19 agosto scorso e che hanno finora incenerito mille ettari di boschi e radure. Un’altra giornata drammatica, l’ennesima. Una giornata "in trincea" per cercare di limitare i già ingenti danni. Per un fronte del fuoco che si chiude, ce n’è subito un altro che si apre. E anche quando le fiamme sembrano domate, ci pensa il vento ad alimentare di nuovo i roghi, ma anche i timori, le polemiche. In azione squadre dei vigili del fuoco e degli alpini, canadair, elicotteri che riversano sui boschi ardenti oltre un milione di litri d'acqua quotidiani. Un gran lavoro, ma non basta. E gli ambientalisti chiedono allo Stato un dispiegamento massiccio di forze, l'unica maniera per salvare dal disastro quel che rimane. "Le notizie che arrivano oggi dagli attivisti impegnati sul campo dell'incendio del Morrone - fanno presente, in una nota, le associazioni Forum H2O, Stazione Ornitologica Abruzzese, Nuovo Senso Civico, Dalla parte dell'Orso - non fanno altro che rafforzare la nostra richiesta avanzata già una settimana fa: serve l'Esercito con un intervento massiccio sul terreno. Settecento uomini, non settanta! Bisogna dislocare centinaia di uomini con esperienza e relativi mezzi, motoseghe, ruspe, visori, elicotteri per trasporto". 

"E' incredibile che tutto ciò possa avvenire nelle aree come l'Afghanistan mentre quando l'emergenza è nel nostro territorio uomini e potenti strumenti restano nelle caserme. Ovviamente ringraziamo chi si sta impegnando strenuamente da giorni davanti al fuoco o per realizzare le tagliafuoco. Vediamo piccoli Comuni e tanti volontari con maggiore esperienza cercare di fare il possibile e anche di più. I semplici cittadini possono dare una mano con le ronde che abbiamo contribuito ad organizzare ma sulle tagliafuoco e in aree complicate, impervie e in quota bisogna impegnare personale specializzato e in grande quantità". 

In questo dramma i sindaci sono in prima linea. "Ieri ci siamo trovati davanti un imponente costone che ardeva, il Colle delle Vacche. Poi il fuoco è stato arginato, riuscendo a salvare lo storico rifugio. Bisogna fare in fretta". Antonella Di Nino, primo cittadino di Pratola Peligna (Aq), fa su e giù per la montagna. "Siamo sul fronte del fuoco – dice – da mattina a notte fonda. La situazione è difficile, ma non ci abbattiamo. Tutti stanno dando l'anima". Ma la devastazione avanza: cancellati, dalle quote più basse, paesaggi con aspetti tipicamente mediterranei, con arbusti e piante profumate, che si uniscono ai vasti rimboschimenti di pino nero. Distese interminabili di alberi e radure, protette, nel cuore del Parco nazionale, che stanno scomparendo, incenerite. "Sono stati messi in campo le forze e i mezzi possibili. Ma – continua la sindaca - sono all'opera menti criminose, che non desistono. Avevamo creato una strada tagliafuoco – racconta – e sembrava funzionare. Ma poi, alle nostre spalle, nuovi inneschi. E' una situazione di emergenza e di rischio. Maledetto fuoco, che ha ferito l'anima di queste montagne, a cui teniamo in maniera smodata".  

"Il primo fuoco – racconta Guido Angelilli, sindaco di Pacentro  (Aq) – è stato nel nostro territorio, il 19 agosto. L'intervento dei canadair sembrava aver risolto, poi è stato l'apocalisse. Soprattutto sul versante di Sulmona. Si sta lavorando tanto, con uomini e mezzi aerei. Si poteva fare di più? Forse all'inizio non ci si è resi conto della gravità della situazione. Si poteva fare di meglio? Probabilmente. Ma siamo di fronte al un vero e proprio attacco al Parco, io la vedo così. Ad appiccare i roghi sono stati profondi conoscitori di questi posti, i quali, lasciata l'auto sulla strada e zaini in spalla, sono saliti più in cima possibile, ed hanno colpito. Non so per quali interessi specifici. Spero solo che li trovino. E poi la siccità e il vento non aiutano, anche perché si tratta di luoghi impervi, difficilmente raggiungibili. La popolazione è arrabbiata, perché questi monti sono la nostra ricchezza, i nostri valori, la nostra vita. Sa quanti volontari ho visto riscendere dai boschi arsi e piangere... Di sicuro – evidenzia Angelilli – lo Stato deve organizzarsi meglio in queste circostanze. Una flotta di 13-14 canadair non può bastare per tutta l'Italia. Invece di comprare F-35 compriamo mezzi per spegnere gli incendi. Perché si tratta di una guerra...”. I sindaci stanno facendo il possibile contro il disastro. C'è chi, assieme alla Protezione civile e alle associazioni, ha organizzato squadre di volontari per presidiare boschi ed accessi. Quello di Torricella Sicura (Teramo), Daniele Palumbo, ha invece, messo una taglia sui piromani: consegnerà 3mila euro a chi fornirà "informazioni utili a individuare la mano, o le mani, che si nascondono dietro i roghi".  

Una taglia di cinquemila euro è stata annunciata, invece, dal sindaco di Prezza (Aq), Marianna Scoccia. "Il disegno criminale posto in essere, che ha messo in ginocchio la comunità peligna, ha causato dei danni enormi ed incalcolabili al territorio e alle popolazioni - attacca -. Le autorità competenti in materia saranno in grado di dare giuste risposte al grido di disperazione dei nostri cittadini. Tuttavia ritengo necessario, come sindaco di Prezza e cittadina della comunità Peligna (che da giorni fisicamente e con le proprie energie sta fronteggiando l'emergenza incendi - rinunciando anche all'esigenze familiari), un'azione imminente e concreta finalizzata all'individuazione della mano criminosa che si cela dietro questo disastro. Per questo, come hanno già fatto altre amministrazioni - afferma - metto a disposizione una somma di 5.000 euro, prelevata dal fondo delle mie indennità da sindaco da dare a chi ci fornirà delle informazioni utili ad individuare i piromani. La ricompensa verrà consegnata, ovviamente, nel caso in cui le informazioni fornite si rilevino utili e verificabili".
31 agosto 2017

Serena Giannico
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