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Chieti - Resta in prigione Emanuele Cipressi, 24 anni, di Chieti che lo scorso 9 ottobre, è stato sottoposto a fermo con l’accusa di aver ucciso, poche ore prima, Fausto Di Marco, 39 anni, musicista teatino, tagliandogli il collo con un pezzo di vetro di una bottiglia. 
L'assassinio davanti al circolo privato "Tre Assi" in via Pescara a Chieti Scalo. Nell’interrogatorio di garanzia, questo pomeriggio, Cipressi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il gip, Luca De Ninis, non ha convalidato il fermo, ritenendo che mancasse il presupposto del pericolo di fuga, ma su richiesta dal pm Giancarlo Ciani, titolare dell’inchiesta, ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere, come "adeguata garanzia di difesa sociale" nei confronti di un soggetto che, "nonostante sia incensurato", ha dimostrato freddezza e ferocia. Quindi il giovane, padre di due figli, rimane dietro le sbarre. Contro di lui prove e dischiarazioni schiaccianti.

L'omicidio sarebbe scaturito da un episodio seguito ad un tentativo di approccio della vittima nei confronti di una ragazza, che poi è diventata la superteste del delitto. Secondo quanto riportato nell’ordinanza, uno degli avventori del locale aveva offerto una patatina al cane della ragazza, suscitando la reazione di quest’ultima la quale, preoccupata per la salute dell’animale, aveva finito con il rimproverare anche il cane. E ciò aveva indotto Di Marco ad intervenire "forse frustrato per il respingimento delle proprie avances, di certo non sobrio a causa dell’assunzione di alcolici ed avente un’andatura barcollante, a rimproverare a sua volta la donna". Tale rimprovero – si legge nell’ordinanza "ha suscitato una ulteriore reazione della donna che gli si è avventata spingendolo e dicendogli di smetterla", dandogli del "finto animalista", "subito spalleggiata da Cipressi". A questo punto Di Marco, "vistosi affrontato si voltava, come per tornare indietro verso il circolo Tre Assi, ma improvvisamente tornava di nuovo verso la donna e le lanciava contro un bicchiere contenente birra, bicchiere che finiva sulle gambe e sui piedi di Cipressi". Gesto che avrebbe acceso l'ira e la reazione "inconsulta" di Cipressi il quale, secondo l’accusa, "dopo averlo affrontato faccia a faccia con atteggiamento di sfida, in rapida successione entrava nel locale, prelevava una bottiglia di birra vuota con la mano destra, usciva di nuovo all’esterno, la infrangeva su un tavolino e sferrava il fendente mortale", "portando il braccio destro dapprima verso l’alto e poi sul collo della vittima". Così lo ha sgozzato. 

Dall’ordinanza emerge anche che a casa di Cipressi sono stati trovati i pantaloni che indossava al momento del fatto, macchiati del sangue della vittima. Indumento lasciato lì, senza neppure provare a lavarlo. Quanto all’arma esistono "pochi frammenti di vetro sequestrati sul posto dalla Mobile", e tra essi "non si ravvisano o né la parte della bottiglia infranta utilizzata come arma, quella con il collo, né gran parte della parte rimanente, evidentemente subito rimosse per occultare le tracce del reato".

Venticinque i testi sentiti dagli inquirenti. I clienti del Kebab hanno riferito "di aver udito, poco prima di vedere a terra la vittima, un rumore di vetri; il che lasciava ipotizzare che l'autore dell'omicidio avesse utilizzato una bottiglia di vetro rotta per attingere il Di Marco". Il primo soccorritore ha spiegato "di essere stato attirato all'improvviso da alcune grida, di essersi girato e di aver notato il Di Marco barcollare e cadere in terra; si avvicinava e, resosi conto del tipo di ferita, cercava di bloccare la fuoriuscita del sangue addirittura infilando le dita nella sua mano all'interno del collo della vittima, senza riuscire a fermare il fluido. Rimaneva accanto al corpo sino all'arrivo dell'ambulanza per poi allontanarsi". 

Mentre l'inchiesta va avanti, si sono celebrati nel cuore di Chieti i funerali di Di Marco. Il rito si è tenuto nella cripta della cattedrale di San Giustino: ad attendere e ad accompagnare il feretro in chiesa in tantissimi. Una folla immane tra amici, conoscenti, artisti e parenti. Inconsolabile la mamma Florinda e il fratello Pio, tramortiti e travolti da una miriade di abbracci. Commozione e incredulità per la fine drammatica dell' "artista buono", come in molti chiamavano Fausto. Il suo volto impresso su tante t-shirt con sopra scritto "Fausto... vive", la musica che adorava, il dolore, i frammenti di racconti di una vita spezzata. Quello striscione con l'ultimo saluto: "Ciao Fausto". 12 ottobre 2016

Redazione Chieti
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