Lanciano (Ch) – “Ogni favola è un gioco…” e ogni gioco sarà pure una favola. Ma quella della Virtus Lanciano s’è dissolta in un soffio. Un’eclissi che in pochi giorni ha gettato nello sconforto gli irriducibili tifosi “di lu pallone”; creato più di qualche perplessità tra gli sportivi di Lanciano e anche fatto esultare chi del calcio non se ne m’hai fregato niente. E ci sono pure le società di altri sport della città frentana che per anni si sono lamentate col Comune... “perché date soldi e strutture solo ai Maio”.
I Maio, che dentro la società sportiva per 8 anni ci hanno messo gioie e speranze, sorrisi e notti insonni di preoccupazioni, hanno trattato la Virtus come “cosa propria”. Quasi un “noi l’abbiamo portata alle stelle e noi la portiamo nelle stalle” così si evince dalle dichiarazioni, operazioni e silenzi delle ultime settimane.
Prima una riflessione, poi silenzio, poi il botto finale, un giorno prima della definizione dell’iscrizione in Lega Pro, il 6 luglio scorso: “Non ci iscriviamo più”. Dramma esistenziale per alcuni, liberazione per altri. Città sportiva a due facce. Nessuna possibilità in poche ore di rilevare e gestire il “pianeta Virtus” con altri imprenditori (seri). Quanti debiti certi ha la Virtus? Quanto tempo si ha per intavolare un discorso serio? Pochissimi giorni. Ah beh, con milioni in ballo… Chi ha rifiutato, in assenza di garanzie e certezze, il “minimo sindacale” si direbbe, ha pensato: “Tenetevelo il giocattolino Virtus”. Così è fallita la speranza di vedere l’imprenditore Gilberto Candeloro, che ha dato vita ad una impresa, la IMM Hydraulics, dal niente ma con sudore e sangue, che è attuale presidente della Fondazione Its (Istituto tecnico superiore) sistema meccanica di Lanciano nonché presidente di InOpera, sponsor della Virtus nella passata stagione.
Loro, i Maio, hanno raccolto la Virtus dalle ceneri della nefasta stagione Di Stanislao, dieci anni fa. Portata dalla Lega Pro in serie B, 4 anni bellissimi fra i cadetti, fra alti e bassi sportivi, salvezza per tre anni, allenatori che però di punto in bianco lasciavano a fine stagione (en passant, questione mai chiarita al di là delle convenevoli dichiarazioni sportive), loro, sì i Maio, la Virtus l’hanno fatta crepare. “Loro ci hanno messo i soldi…” la rassicurante frase-litania che alcuni cittadini devono sorbirsi da anni in città. Ma la squadra, dicono altri, è della città di Lanciano. Di una popolazione, di un comprensorio, di cittadini che indirettamente per farla giocare, “ ‘sta benedetta Virtus Lanciano in serie B”, hanno speso 1 milione e 100 mila euro!!! 1 milione e 100 mila euro (800 mila euro di fondi comunali, 300 mila regionali)! Ammonta, infatti, a tanto il patrimonio cittadino di denaro speso per ammodernare lo stadio “Guido Biondi” e aumentarlo di capienza: “Solo per la Virtus, ragazzi, so’ soldi, mica bruscolini”! E sai quante strade malconce ci si sarebbero potute asfaltare con quei soldi!!!
La squadra, purtroppo, è rimasta “cosa loro”, alla città sono rimasti solo i trionfi della promozione in B, le immagini delle bandiere rossonere sventolanti per le strade, tanta notorietà in giro per l’Italia e poi un’amara retrocessione, quest’anno, ai playout, senza neanche la possibilità di potersi giocare, da retrocessa, il prossimo campionato di Lega Pro, dopo 4 anni. A seguire la figuraccia nazionale, un colpo di spugna e addio gloria... Loro l’hanno fatta nascere e loro l’hanno portata all’obitorio. I Maio sono fatti così. Volenti o nolenti sono così. Prima serie B e mo’ niente. Eppoi da qualche anno i Maio avevano impegnato risorse finanziare in altre attività imprenditoriali. Scelte legittime e sacrosante. Il calcio non è tutto.
I Maio dirigenti rossoneri si lasciano aperte tutte le porte per non fallire come società: liquidazione, impegno a pagare tutte le spettanze debitorie, possibilità di eventuali altri introiti dal mondo del calcio, “ci teniamo il patrimonio umano e calcistico del settore giovanile” purché la Virtus non sia di altri. È la legge di quelli che hanno (o avevano) soldi e costruiscono una squadra a propria immagine e somiglianza.
L’illusione di poter proseguire però c’è stata. Sia in società che fra i tifosi perché con il mercato di gennaio scorso, con nuovi giovani calciatori e l’esordio di mister Maragliulo in panchina al posto di D’Aversa, era cambiata la musica, tanta buona volontà in campo, poi bel calcio a sprazzi, salvezza in pugno e (apriti sesamo) la sorpresa, di settimana in settimana, di mancati pagamenti di stipendi nei mesi precedenti. Una gestione finanziaria, quella della Virtus, che con le maglie strette della Co.Vi.Soc., ha mostrato lacune per ciò che riguardava pagamenti, scadenze, date, sottoscrizioni… Sono iniziati i ricorsi, i controricorsi, poi punti tolti in campionato, e ridati, ancora ritolti. Fiducia e delusione a braccetto. Sconforto ed esultanza.
I profeti della sventura societaria Virtus, però, ci sono stati: hanno il volto e le decisioni di capitan Mammarella, di Di Cecco e Piccolo che avevano, probabilmente, “visto” l’iceberg, avevano “fiutato” dove la nave avrebbe imbarcato acqua fino ad affondare inesorabilmente. Senza scialuppe di salvataggio. Scelte, quelle dei calciatori, dettate forse da migliaia di euro in più di stipendio, ma forse dettate da lungimiranza.
Protestare ha senso solo con il bagaglio della coerenza. I padri-padroni della Virtus Lanciano hanno pressoché assistito in 8 anni all’assenza di critiche (lasciamo stare gli ultimi 6 mesi), di polemiche o di contrasti duri in piazza (tanto per essere chiari, nulla a che fare con una piazza rumorosa come quella del Pescara che nel bene o nel male alterna serie B e A). “Non toccate i Maio sennò ci fanno tornare in Lega Pro, quiss ja fat fa la serie B”... Una cortina di ferro intorno alla società, blindata, e nessun tifoso che potesse accendere un po’ la piazza. O alzare la voce. Chi ci ha provato nel corso di questi anni ha dovuto rimettere “la coda tra le gambe”. Nel bene o nel male, con questa politica chi ha difeso la Virtus a spada tratta, “senza se e senza ma” ha difeso quella gestione. Per anni non si è potuta criticare la Virtus, per carità, intoccabile, quando invece la critica è foriera di stimoli e di intraprendenza, e adesso, oplà, spuntano e sputano (alcuni con toni carichi di livore e odio) sui social network contro la famiglia Maio. È tardi, tardissimo. È solo folklore. Storia passata. Chiudere la botte con la chiave dopo che è finito il vino è inutile perdita di tempo.
Piuttosto, sindaco e tifosi rimasti con il cerino in mano, devono trovare un benefattore, un imprenditore e/o un gruppo di gente che abbia soldi da gettare (letteralmente) nel mondo del pallone. Entro giovedì occorrono 300 mila euro per iscriversi al campionato di serie D (“vabbè pure il Parma ha fatto la stessa fine”) e altri (500 mila? 700 mila?) per fare una squadra che faccia un campionato in D ad alti livelli. Candeloro ha detto no, l’altro imprenditore, Marfisi tirato in ballo dalla stampa, ha dichiarato... “non ne so niente”. Sarebbe necessaria una sottoscrizione... impopolare. Per gettare il sasso nello stagno l’agente Fifa Donato Di Campli ha fondato una nuova società, la Pro Lanciano, tanto per cominciare. Chi ben comincia… è poco, è ancora poco, pochissimo rispetto alle aspettative della piazza Lanciano. Alcuni maliziosamente, tra una birra ed un cocktail, ricordano l’invettiva del patron Maio, Franco, il senior della società Virtus, che dopo la contestazione nella gara casalinga con l’Avellino apostrofò così un gruppo di tifosi contestatori (uno sparuto di coraggiosi): “Vi manderò a giocare a San Vito”. Parole di rabbia? Presagio? Augurio? Cosi fu detto, forse così sarà.
(Il punteruolo)
22 luglio 2016
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