Chieti 24 gen. '12 - La Forestale, a pochi giorni di distanza ed in diverse località, nell'ambito di operazioni antibracconaggio, ha liberato due cinghiali, entrambi caduti in trappole fatte di cavi d'acciaio (quelli che nel gergo dei bracconieri si chiamano "lacci"), illecitamente utilizzate per la cattura di fauna selvatica, ed ha colto un bracconiere in flagranza di reato.
Il primo dei due episodi risale all'11 gennaio scorso, quando, in contrada Montupoli a Miglianico, il personale di Lanciano, intervenuto a seguito di una segnalazione al numero 1515 di emergenza ambientale del Corpo forestale dello Stato, si è trovato di fronte un esemplare femmina di circa 70 chili, ancora viva, che tentava invano di liberarsi dalla trappola. In quell'occasione, è stato necessario richiedere l'intervento del veterinario della Asl Lanciano-Vasto-Chieti, che, dopo aver  narcotizzato l'animale, lo ha liberato dalla stretta, curando la profonda ferita inferta dal fil di ferro. E' attualmente in corso un'attività d'indagine per individuare il responsabile.
Fatto simile  si è verificato alcuni giorni dopo, il 21 gennaio, a San Vito Chietino, dove una pattuglia della Forestale di Lanciano, nel corso di un appostamento, ha sorpreso un bracconiere mentre, armato di fucile, si avvicinava ad un cinghiale caduto in trappola, nell'intento di sopprimerlo. L'animale, spaventato ma vivo, è tornato in libertà, mentre il bracconiere rischia non soltanto la condanna al pagamento di un'ammenda fino a 3.000 euro, per l'esercizio di attività venatoria con mezzi non consentiti dalla legge, ma anche la reclusione da tre mesi ad un anno e la multa da 3.000 a 15.000 euro, per maltrattamento di animali.
"L'uso di lacci per la cattura di fauna selvatica - scrive la Forestale in una nota - è un fenomeno aberrante, diffuso sul nostro territorio. Oltre all'atto di bracconaggio (ove è bracconaggio ogni forma di uccisione o cattura di animali selvatici al di fuori delle regole), questo genere di trappole sono particolarmente insidiose, perché poco visibili e perché strumenti di vera e propria tortura: l'animale che vi capiti, a seconda della specie (perché non c'è peraltro alcuna selettività nella cattura), si può autostrangolare o recidere la parte intrappolata (i carnivori) o, come in questo caso, tentare di divincolare lacerandosi fino alla morte. E' molto raro riuscire ad intervenire tempestivamente quando un bracconiere aziona la propria rete a scatto per catturare piccoli volatili o quando un laccio si stringe alla zampa di un lupo, di una volpe o di un ungulato. Ed infatti, i reati acclarati rappresentano solo una goccia nel mare dell'illegalità venatoria. E' impossibile immaginare quanti siano realmente gli atti di bracconaggio perpetrati e quanti gli animali illegalmente uccisi ogni anno in Italia".

 

 

Serena Giannico

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