"Oggi, per la 58° volta il Governo Renzi ha chiesto il voto di fiducia su un Decreto Legge. Si tratta, in questo caso, del “Decreto legge in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in Banche in liquidazione”. Esordisce così Gianni Melilla, deputato SI-Sel, che continua: 

"Per noi di Sinistra italiana è estremamente negativo il capitolo dei risarcimenti delle migliaia di risparmiatori che hanno investito in modo inconsapevole i propri risparmi in strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015 (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti), il Governo Renzi/Boschi, con il Capo II del provvedimento, agli articoli 8 e 9, da una risposta assolutamente inadeguata ed insufficiente, come è emerso chiaramente dalle relazioni delle molte associazioni di consumatori e risparmiatori audite in sede referente. 

Infatti i requisiti restrittivi per l'accesso al Fondo di solidarietà previsti dall'articolo 9 del provvedimento - sottolinea Melilla -, che escludono dal rimborso automatico intere categorie di risparmiatori, sono un altro esempio di rilevante lesione del principio di eguaglianza sostanziale, enunciato dal comma 2, dell'articolo 3 della Costituzione. Lo stesso articolo, infatti: 1) circoscrive il beneficio solo a coloro in possesso di un patrimonio mobiliare di proprietà inferiore a 100.000 euro o con un reddito lordo inferiore a 35.000 nell'anno 2015, e limita l'importo del risarcimento all'ottanta per cento del corrispettivo pagato; 2) non permette anche a chi abbia acquistato gli stessi titoli presso altri istituti bancari di beneficiare del rimborso forfetario, introducendo, in tal modo, un’odiosa distinzione giuridica tra i clienti privati delle quattro banche, che hanno acquistato sul mercato secondario, e quegli investitori privati che hanno acquistato i titoli bancari presso altri istituti; 3) consente di includere nel conteggio del patrimonio mobiliare dell'investitore gli strumenti finanziari subordinati azzerati, al fine di evitare ovviamente gravi distorsioni a danno di chi detiene quote importanti di tali strumenti finanziari. 

Tali criteri comportano che l'accesso al risarcimento automatico è subordinato ad un criterio censuario, creando in tal modo un'illegittima disparità tra soggetti che abbiano subito la medesima perdita a seguito della liquidazione delle predette banche. Quanto alla misura relativa alla procedura arbitrale, alternativa alla richiesta di rimborso forfetario, non chiarendo le modalità in cui si svolgerà l'arbitrato, non consente ai risparmiatori di decidere quale procedura intraprendere e non consente al risparmiatore di accedere alla procedura di arbitrato, qualora la procedura per ottenere l'indennizzo forfetario non si concluda per mancanza dei requisiti o per l'impossibilità di reperire la documentazione richiesta. Essa soprattutto non prevede esplicitamente che l'accesso alle due procedure, di rimborso forfetario e di arbitrato, non precluda l'avvio o la prosecuzione di azioni risarcitorie, in sede civile o penale, nei confronti delle nuove banche o di altri soggetti, attentando quindi a quella che la nostra Costituzione, all’articolo 47, commi 1 e 2, ritiene una risorsa fondamentale per lo sviluppo della collettività, cioè il risparmio stesso. Sarebbe, viceversa, stato opportuno che, in contemporanea con l'adozione del decreto-legge, il Governo emanasse anche la disciplina secondaria di attuazione della procedura arbitrale, già prevista dalla legge di stabilità 2016 ed attesa ormai da mesi. Nell'incertezza circa il concreto funzionamento meccanismo arbitrale, gli investitori che possiedano i requisiti reddituali e patrimoniali previsti saranno indotti a scegliere la via del risarcimento automatico, rinunciando tuttavia, in tal caso, ad esercitare il loro diritto di ottenere il risarcimento integrale di tutte le perdite subite. 

Anche la tempistica prevista per la presentazione delle domande di risarcimento risulta alquanto penalizzante per il risparmiatore, e cioè sei mesi di tempo, che decorrono dalla data di conversione in legge del decreto e non, come sarebbe corretto, dall'emanazione dei decreti attuativi: un arco temporale che può in molti casi risultare insufficiente per produrre tutta la documentazione richiesta - conclude il deputato di Sinistra italiana -, soprattutto quando tutto questo richiede un adempimento non dipendente dall'istante ma dall’istituto di credito coinvolto". 

28 giugno '16

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