Nessun nesso causale tra autismo e vaccino. Così, la Corte di Cassazione, ha rigettato la richiesta di risarcimento avanzata dalla madre di un ragazzo autistico che sosteneva che la salute del figlio fosse stata compromessa dopo un vaccino. La sentenza, pubblicata il 16 giugno, risale al 3 marzo. Conferma la decisione già presa dalla corte di Appello de L'Aquila, depositata il 2 dicembre 2013. Decisione conforme a quella di primo grado del Tribunale di Pescara.

La richiesta di risarcimento era stata avanzata nei confronti del Ministero della Salute, adducendo un nesso di causalità tra autismo e vaccino contro morbillo, rosolia e parotite. I giudici di primo grado e di Appello avevano ritenuto insussistente tale legame e così ha confermato la Suprema Corte. Secondo i tecnici incaricati di eseguire gli accertamenti peritali, la letteratura scientifica esclude l'esistenza di un legame tra farmaco e disturbo. Dunque i sintomi insorti non sarebbero imputabili alla somministrazione della trivalente. La Corte di secondo grado aveva, infatti, ritenuto che segni della patologia quali ritardi nello sviluppo posturale e difficoltà di linguaggio, fossero manifestazioni precedenti all'inoculazione del vaccino. Aspetto contestato dalla madre del ragazzo. Resta ferma, però, la posizione dei giudici che ritengono ininfluente la questione della datazione dei sintomi, in quanto è escluso a monte ogni nesso di causa-effetto tra autismo e vaccino, sulla base delle evidenze della letteratura scientifica.


IL PRECEDENTE A MILANO NEL 2014
La sentenza ha un importante valore nella negazione dell'esistenza di un tale nesso perché rappresenta un riallineamento della giurisprudenza con la comunità scientifica. In passato, infatti, c'erano state sentenze con orientamento diverso da quell odierno. È il caso del Tribunale di Milano. Con sentenza del 2014 il giudice avalla la tesi del consulente tecnico d'ufficio, nominato per risolvere un caso analogo a quello di Pescara, orientata a sostenere un rapporto di consequenzialità della malattia rispetto al vaccino. Proprio considerando la stretta successione temporale ravvisata tra la somministrazione del vaccino e l'insorgere dei disturbi. Improbabile, invece, secondo la perizia, che la causa dell'autismo sia da attribuire a fattori genetici perché non c’è “alcuna specifica costante alterazione trasmissibile del materiale cromosomico”.: il disturbo sarebbe stato almeno concausato dalla tossicità di uno degli ingredienti del farmaco somministrato in tre dosi (si trattava, nella fattispecie, di un esavalente: Infanrix Hexa Sk contro difterite, tetano, poliomelite, epatite b, Haemophilus influenzae di tipo B e pertosse). Le dosi “avrebbero contenuto alcuni metalli pesanti e inquinanti quali l'alluminio - la cui tossicità aumenterebbe in presenza di altri componenti come il polisorbato 80 - e il mercurio”. Il Tribunale di Milano ha affermato, quindi, l'esistenza di un “nesso causale” - argomento alla base della sentenza dei giudici del caso di Pescara – tra l'autismo sviluppato da un bambino di nove anni e il farmaco che gli era stato inoculato nel 2006. “È più probabile, in misura certamente superiore al contrario” che il disturbo autistico sia dovuto a tali elementi di tossicità. Condannato, così, il Ministero a risarcire – secondo la legge 210/92.

Ora, con il caso di Pescara, si inverte la rotta. Gli esperti escludono all'unanimità l'esistenza di un “nesso causale” tra patologia autistica e vaccino.

22 giugno '16

Davide Colaiocco

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