Una trattativa in parte ostaggio dell'azienda, che ha imposto le proprie condizioni, tempi e modi: se non accettate, non ci sarebbe stato alcun patto e il 2 aprile lo stabilimento sarebbe stato smantellato. E' quanto emerge all'indomani dell'intesa siglata al ministero dello Sviluppo economico riguardo alla Honeywell di Atessa (Ch). Dopo l'annuncio, alla fine della scorsa estate, della chiusura, da parte della multinazionale dei turbo, dello stabilimento della Val di Sangro, con trasferimento della produzione in Slovacchia, l'altro ieri al Mise è stato firmato un accordo che prevede l'elargizione di 50mila euro di incentivi, più altri 1.000 per ogni anno di anzianità. Inoltre c'è la proroga della cassa integrazione fino al febbraio 2019, ma ai dipendenti che usufruiranno della cassa integrazione verranno detratti, dal bonus complessivo, 1.000 euro mensili. Inoltre Honeywell cede lo stabilimento, di 13 mila metri quadrati e di notevole valore, gratuitamente ad eventuali futuri investitori, per favorire la reindustrializzazione del sito.

"Vogliamo il lavoro, non il contentino di 50mila euro ai quali va detratto oltre il venti per cento di tasse. Con 35mila euro netti tireremo avanti un anno, un anno e mezzo, e poi?" I dlavoratori Honeywell non sono contenti dell'accordo. "In sostanza - commenta Dario La Farciola, dipendente Honeywell - la cassa integrazione debbono pagarsela i lavoratori. E non ci sembra una soluzione geniale. Inoltre vanno calcolate le tasse. Ma, denaro a parte, - spiega - resta il fatto che resteremo disoccupati. E la riconversione, per questo tipo di attività, è alquanto difficile, come ci hanno sempre detto anche i sindacati. Pur se, miracolosamente, dovesse subentrare una nuova impresa, le condizioni contrattuali ed economiche sarebbero peggiori e molti di noi resterebbero comunque fuori. La situazione rimane funesta". 

"E' uno specchietto per le allodole vista la vicinanza delle elezioni. Un emerito schiaffo in faccia - aggiunge Davide Di Giulio, altro dipendente -. I 10 mesi sono a carico nostro perché verranno detratti dalla somma totale: 1.000 euro al mese per 10 mesi vanno tolti dai 50mila dell'accordo. Lo Stato poi si riprenderà interessi su interessi... E alla fine ci ritroveremo comunque a spasso. Passato il voto del 4 marzo, finiremo nel dimenticatoio, come tutte le aziende che sono state chiuse. Morale della favola, i soldi che noi versiamo all'Europa servono per finanziare le aziende che in Italia chiudono per riaprire, grazie a quei fondi, altrove, ma sempre dentro la Comunità europea". 

Meno drastico il pensiero di Dorato Di Camillo, lavoratore e sindacalista Fim, che spiega: "Non ci sono stati grandi margini di trattativa, ma non è andata male. Il vantaggio maggiore - sottolinea - sta nel fatto che lo stabiimento è stato messo a disposizione gratuitamente, in un'area industriale tra le più importanti del Centro Sud. E, siamo sicuri, saranno tanti gli imprenditori che si faranno avanti con un progetto di riconversione, considerato anche che potranno beneficiare di agevolazioni fiscali". Mercoledì 21 febbraio assemblea in fabbrica dei sindacati Fiom, Fim e Uilm con i lavoratori.

18 febbraio 2017

@RIPRODUZIONE VIETATA

Condividi l'Articolo

Articoli correlati